Lo ammetto. Sono nell’immensa schiera di coloro che – banalità delle banalità – odiano la domenica, per il carico di noia che porta con sé, e anche perché la domenica, soprattutto nel momento del pomeriggio che precede immediatamente la domenica sera, tutto è un po’ sospeso: è vacanza eppure non lo è, perché tanto sai che manca pochissimo a quella famigerata catastrofe che tutti conoscono col nome di lunedì mattina. Anzi meglio, la sveglia del lunedì mattina, quel momento in cui lasceresti morire di fame anche l’ultimo esemplare di panda pur di non alzarti dal letto, pur di rimanerci per altri cinque minuti.
Ebbene, era domenica, e io e il mio ingegnere biondo eravamo in quella condizione mentale che caratterizza il momento più terrificante della domenica, ossia la domenica sera, quel momento in cui il limbo inizia ad assumere i contorni dell’inferno poc’anzi descritto che per convenzione e sintesi definiremo lunedì (vedi sopra).
Nel momento preciso in cui stavamo per lasciare che il divano ci inghiottisse, insieme alle ultime puntate dell’ottava serie di Scrubs (anche voi avete pianto quando JD ed Elliot si sono rimessi insieme per la millemilesima volta?), ecco che arriva l’illuminazione: e se trovassimo la forza di sfidare la domenica sera, la calamita del divano e la pigrizia derivata dal constatare che dopo le cinque è già buio, mentre il pensiero corre alla sveglia che suonerà di lì a poco?
Ecco, quella volta ci siamo riusciti, e sono qui per raccontarvi quanto ne sia valsa la pena. La medicina in grado di sconfiggere il logorio della vita moderna che va sotto il nome di lunedì si chiama C1B0, nome veramente smart, che gioca graficamente con la somiglianza tra i numeri 1 e 0 e le lettere I e O, strizzando l’occhio a tutta la tradizione dei robottini tanto carini di Star Wars – non vi offendete, amici nerd, Star Wars è fichissimo e sono orgogliosa di averlo visto tutto, ma la struttura della sua epica rende epico il fatto stesso di arrivare alla fine di ogni film! 😀
Anyway, torniamo a noi. Quella domenica sera avevamo particolarmente appetito, e pur essendo in quattro, posso dire senza tema di smentita che abbiamo ordinato almeno per sei… Finendo tutto. TUTTO.
Scaldiamo i motori con una serie di fritti, frittini e antipasti, ovviamente accompagnati dalle relative salse. La cosa che amo di questo posto è che su ogni tavolo c’è un contenitore metallico con tutte le salse necessarie ai vostri loschi scopi alimentari: salsa barbecue, ketchup, maionese e senape. Sul nostro tavolo si esibivano, in tutto il loro lucido e unto splendore, degli immancabili anelli di cipolla, delle polpettine servite con salsa tzatziki – ovviamente fritte – una spirale di patata fritta con una spolverata di parmigiano necessaria a raggiungere la pace dei sensi e, last but not least, la Jaket U.S.A., una meravigliosa patata al cartoccio servita con cheddar, burro fuso e bacon. Probabilmente la regina della serata, consigliatissima se amate il formaggio come me, che sono andata sul sicuro ordinando un meraviglioso e classico cheeseburger, fonte di rassicuranti e inesauribili piaceri del palato, che da brava amante dei cibi con carattere ho arricchito di una cospicua spruzzatina di salsa barbecue, con un risultato che potete facilmente immaginare.
Abbiamo accompagnato il tutto con delle ottime birre alla spina: solitamente, se devo mandare giù dei pasti particolarmente grassi (quindi quasi sempre) preferisco delle classiche birre beverine, bionde come il mio ingegnere, fresche e dissetanti. L’unica pecca di questo tipo di birre, è che vanno via come acqua, quindi per completare il pasto me ne sono servite due… Per fortuna non ero io a guidare.
E vissero tutti abbuffati e contenti, direte voi. Eh, no.
Sono certa che sapete dell’esistenza dello stomaco del dolce: situato tra lo stomaco comune e il cuore, questa piccola sacca è sempre pronta ad accogliere cibi ricci di zuccheri che il suo vicino collega è troppo pieno per ospitare. Insomma, non si poteva fare a meno di rispondere al richiamo della cheesecake; quella alla nutella, poi, ha una voce davvero particolare, paragonabile al timbro delle sirene che dovette affrontare Ulisse, quel furbacchione che riuscì a resistere ai loro richiami suadenti soltanto facendosi legare come un salame all’albero della nave su cui viaggiava!
Non essendoci nessuno a legare nessuno, la sirena cheesecake ha avuto la meglio, mentre lo stomaco del dolce ha fatto egregiamente il suo dovere, ospitandone fino all’ultima goccia di nutella.
Quindi, se siete tristi e volete dare senso a una domenica sera insipida e priva di emozioni, vi consiglio di farvi un favore e di andare a fare il pieno di C1B0.
PS Dopo aver scritto questo articolo avevo di nuovo talmente tanta voglia di hamburger che ho deciso di ordinare un bel cheeseburger da asporto. Dove? Vi prometto che ve lo racconterò prestissimo. 😉